“Consiglio il libro perché lo considero capace di innescare dialoghi importanti. C’è una sproporzione tra la dimensione del libro (solo 70 pagine) e il peso dell’argomento, che credo sia centrale lungo tutta la storia del pensiero, non solo degli ultimi 30 anni. E tuttavia i filosofi francesi della fine del 900 meritano una rilettura attenta, perché oggi possiamo capire il loro messaggio meglio di allora.
Quindi lo considero un libro che offre un incipit, un invito a continuarlo, magari collettivamente. E credo che ne valga la pena, perché siamo in una fase di “cambiamento del dispositivo”, ma non c’è consapevolezza diffusa né del cambiamento, né tantomeno del dispositivo e della nostra “internalità” rispetto ad esso. L’autore ragiona dal punto di vista estetico, ma si potrebbe ragionare anche dal punto di vista epistemico, etico, storico, politico, antropologico, ecc. Il rapporto delle culture col proprio dispositivo le caratterizza sotto tutti questi punti di vista. E il pensiero sulla complessità è impregnato di questo problema, di che cosa sia il dispositivo, come si formi, come ne diventiamo consapevoli, e come – difficilmente – ce ne liberiamo.”